Cristian Carrara è sicuramente uno dei compositori più prolifici e originali della sua generazione, il cui talento – cosa assai rara di questi tempi – viene unanimemente riconosciuto sia in patria che all’estero ed emerge in modo evidente anche nel concerto War Silence. […]

Maestro Carrara, il silenzio è un tema che ricorre spesso nella sua attività di compositore; dove lo ha trovato in un’esperienza drammatica come la guerra?

«A prima vista la guerra ci appare come qualcosa di assordante, sconvolgente, potentemente rumoroso. Il rumore delle armi, dei crolli, delle urla strazianti. Ma nella guerra, sotto le crepe della distruzione, si nascondono, o si aprono ancora, spazi di silenzio. Il silenzio di chi non ha più nulla, nemmeno lacrime, delle case disabitate, abbandonate, delle strade vuote. Il silenzio di chi si nasconde, della paura. Il silenzio degli abbracci dati di nascosto, degli addii. Tanti sono i silenzi nati dalla guerra. Questo lavoro cerca di metterli in fila, ridando loro vita. In guerra, come le braci sotto la cenere, il silenzio tiene viva l’umanità».


La composizione War Silence fa parte di una “trilogia” del dialogo e della pace, che include anche i lavori Machpela e The Waste Land:qual è il comune denominatore che lega queste opere?

«Tutti e tre questi lavori sono una riflessione sulla condizione umana. Tutti e tre sono in sostanza dei concerti per strumento solista e orchestra, dove lo strumento solista rappresenta l’uomo inserito nella storia, nel tempo, nel mondo (l’orchestra). War Silence è un concerto per pianoforte e orchestra dedicato alla Prima guerra mondiale e alle mie terre friulane. È l’ostinata ricerca del silenzio tra le voci assordanti in conflitto. Machpela, parola ebraica che indica “la coppia” e il luogo in Hebron delle tombe dei Patriarchi di Israele, è un doppio concerto per violino, violoncello e orchestra. Qui il tema è l’amore, e la sua possibilità di essere eterno, nei sui più vasti significati. Dal dialogo uomo donna, proprio del Cantico dei Cantici, fino al dialogo tra le culture e le religioni. Ecco perché è un concerto con due strumenti solisti. Non vi è dialogo, e nemmeno amore, se non vi è un “tu” che mi sta di fronte e mi interroga. Infine The Waste land, la terra desolata, tratto dall’omonimo poema di Eliot, è un concerto per viola e orchestra. Lo sto scrivendo in queste settimane. Vorrei fosse una riflessione, a partire da Eliot, sulla condizione dell’uomo oggi, legata all’aridità spirituale che la società contemporanea cerca di imporci».

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